giovedì 29 novembre 2007

Ragioniamoci su

A me piace molto tanto il dire quanto il modo e lo stile che trovo nelle righe di Irene Spagnuolo. Ciò, tuttavia, non significa con lei essere sempre completamente d'accordo. Stamane infatti Irene chiosa un "Beviamoci su" ove io mi trovo dissenziente in quella che parmi essere una sorta di comprensione generalizzata verso coloro che bruciano la loro vita, quando non anche quella altrui stordendosi nell'alcol e vomitando sul mondo il loro malessere.

Andrei cauto anche solo nel tentativo di voler troppo capire. Vi sono comportanmenti che talvolta strizzano l'occhio all'atteggiamento, al capriccio che gnaula la sua richiesta di attenzione: proprio quella che gli si va punto a dare. Il quadro dipinto da Irene infatti è ben calato nella realtà ma a mio modo di vedere, costoro, meritano l'attenzione che il buon genitore riserva al bizzo querulo.

Ciò perché, semplicemente, accanto a loro, esistono vivaddio e sono altrettanto molti, ragazzi che si divertono, vivono il loro tempo, masticano angosce, ingoiano delusioni ma imparano a anche a tirar dritto e a non cadere nella trappola che vuole metter loro in alto e in bella mostra l'etichetta del "disagiato-poverino". Quel fare, anzi disfare, non deve metterci nella condizione di sentirci in colpa per non aver saputo loro dare ideali ai quali aggrapparsi. Gli ideali sono quelli che ogni generazione, ogni individuo si costruisce con la vita di ogni giorno, col guardarsi attorno: maturando esperienze, macinando vita.

Specchio di tristezza

E' facile, troppo facile ridere di questa generazione di Casa Savoia. Se appena però ci si volta indietro a guardare, di questa nobil casa, le generazioni precedenti, il riso si trasforma in una smorfia di dolore ovvero sdegno quando non anche di disgusto. Con buona evidenza quindi v'è da ritenere ch'essi, nel corso dei secoli, si siano talmente involuti e chiusi su sé medesmi al punto di dare da quattro generazioni a questa parte la sensazione di aver a che fare se non con degli imbecilli, certamente con degli stolti.

D'altronde è parimenti facile cogliere, di un caso di cronaca: una speculazione commerciale di bassa lega messa in atto da un figuro non meno disgraziato -almeno sul piano morale- dell'assassino assoldato quale promotore pubblicitario, l'aspetto deteriore. Facile al punto da ritenerlo quasi una trappola affinché, da ciò, derivi grande pubblicità e dunque guadagno, facendo così il gioco del figuro (al secolo Alessio Sundas) del quale leggo nella preziosa biografia che mi auguro presto introdotta nei sussidiari scolastici, come, il giovine, già nel lontano 1988 calcasse le scene venendo introdotto in quel prezioso salotto, nota fucina di cultura, che rispondeva al nome di Maurizio Costanzo Show dove il nostro, là, si presentò quale "baciatore"...

Specchio dei tempi, dirà qualcuno. Vergogna vergogna vergogna, grido io.

martedì 27 novembre 2007

Torino FIlm Festival

A Torino, lo scorso venerdì (23 Novembre) viene inaugurata la venticinquesima edizione del Torino Film Festival. E' una rassegna importante non perch'io lo scriva qui in questo cantuccio ma perché viene davvero riconosciuta essere seconda al Festival del Cinema di Venezia. Qualcuno potrà chiedere e chiedersi allora come si collochi la Festa del Cinema di Roma. La risposta è semplice: non si colloca. O meglio: si colloca ad arte e guarda caso proprio fra le due ma, alla fin fine, si dichiara una Festa e tale è.

Via quindi allo spettacolo, ai tappeti rossi, ai petali di rose e agli inviti. Tanti, tanti, ma tanti inviti che gli attori interessati non mancano di raccogliere: si sa, la pubblicità tenta anche il più probo dei professionisti. Entrino i carri dunque, si suoni la gran cassa e a questo richiamo, devo dire, non fan difetto nemmeno gli organi di informazione che si sdilinquiscono in Servizi, corrispondenze dirette, testimonianze dal parterre dell'immarcescibile Mollica.

Tornando però al TFF la domanda sorge spontanea: "ma com'è che nessuno ne parla?" Ecco, a ciò non mi sovviene alcuna risposta esaustiva tanto più che nemmeno lo scorso sabato nella rubrica all'interno del TG1 delle ore 13 del Mollica: "DoReCiakGulp", il "noto giornalista di cinema e spettacolo" (virgolettato perché non è affermazione mia ma della RAI che così lo definisce sul suo sito), ebbe modo di farne cenno. Non solo, egli accennò all'imperdibile Meeting delle Etichette Indipendenti di Faenza ma su Torino non una parola. Gli sia sfuggito?

Consoliamoci con coloro che pagano il biglietto per vedere i film e che son molti, se è vero che sono aumentati del 50% dalla scorsa edizione che pur chiuse con un trionfo, ma quel dubbio tuttavia rimane: non sarà che il Signor Mollica, qual "giornalista di cinema e spettacolo", faccia in realtà un po' pena?

venerdì 23 novembre 2007

Volontari per sempre

Ho intrattenuto in questi giorni una veloce corrispondenza con un ex volontario ai Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006 che mi ha contattato in funzione del mio blog fotografico su Torino e in occasione della prossima apertura di un suo blog circa quell'Olimpiade. Ciò che mi piace qui sottolineare è l'aver in due righe ritrovato quello spirito.

Che il contributo dei volontari sia stato determinante per l'ottima riuscita di quei giochi è certo ma chi però non ha avuto modo di godere della loro gioia, del divertimento dell'entusiasmo legato alla consapevolezza di vivere la storia da protagonisti, non può capire perché i torinesi nel vederli, si commuovessero.

La piccola vanità di prendere i mezzi pubblici con la giacca a vento e i pass che li dichiaravano al mondo volontari con la subitanea ammirazione e sorrisi, sìsì proprio lo spontaneo sorriso, col quale gli occupanti dei bus li salutavano. Un immenso villaggio che quando la folla straripante bloccava i mezzi, la gente era quasi felice di scendere e mescolarsi tra loro.

La cortesia, il sorriso tra due guancine rosse dal freddo, la professionalità e la serietà quando occorreva. Ma anche le simpatie, gli amori nati sotto al mospheat, le amicizie che valgono una vita e che tra trent'anni li faranno ritrovare se non con l'agilità di ieri di certo con la maturità che il tempo ma anche il vissuto avrà contribuito a far di loro uomini e donne migliori. Come Luca.

mercoledì 21 novembre 2007

Un mondo lontano

Quel passeggino più grande degli altri indica che alla tua età i bimbi in genere è difficile tenerli fermi mentre tu, tranquillo, hai lo sguardo lontano di chi vede un mondo diverso. La mamma gioca con le dita della tua mano destra mentre tranquilla e dolce parla con gli altri seduti allo stesso tavolo.

Talvolta appari attento ai discorsi dei grandi ma poi una smorfia ti porta altrove, nel tuo mondo di suoni e immagini. Attutiti i primi come attutiti sono i rumori della città quando cade la neve e sfocate le seconde come le immagini frutto più di fantasia che non già il ricordo di un vissuto. Un mondo sopra al male lontano dalla notte che ti incute paura e vicino al bene che porta una luce pallida.

La voce della mamma, ecco quella sì la riconosci molto bene, ti desta un poco, quel tanto che basta per un sorriso. Il più bel bambino del mondo, sta dicendo la tua mamma e tu sai che un po' mente ma il suo profumo, la sua voce, quel tono caldo e rassicurante, ti porta a chiudere gli occhi per tornare lieve e felice verso il tuo mondo. Là, dove non c'è spazio che per la gioia. E la mamma.

martedì 20 novembre 2007

E' nostro dovere !

E' stato in parte scordato e di certo non ne hanno fatto cenno le maggiori testate italiane prese come sono tra un delitto e una dichiarazione di questo o quell'ometto politico ma oggi è la Giornata Nazionale per i Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza. Una data ampiamente scordata come a me capita di vedere inascoltati i bambini.

Bambini che chiedono, che vogliono sapere e vengono mortificati da genitori indegni di esser divenuti tali.

Bambini spinti all'accattonaggio col preciso obiettivo di indurre pietà in chi dona

Bambini sorpresi a rovistare nei bidoni dell'immondizia

Bambini che accompagnano con tutto il giudizio che la Natura ha loro dato mamme e papà fatti di droga e incapaci di badare a loro.

Di quei bambini, dei bambini picchiati, dei bambini trascurati, dei bambini vittime dei torbidi giochi di adulti depravati ve n'è più, assai di più dei bambini col cellulare e l'ultimo zainetto.
Se appena rammentiamo tutto questo, oggi e non solo, aiutiamo quei bambini come possiamo, anche solo ricambiando il loro sorriso.

Attenti al veleno

In quella che potrebbe venir definita una light note, sessant'anni oggi la signorina Elizabeth Alexandra Mary Windsor e il signor Filippo Mountbatten rispettivamente la Regina Elisabetta II del Regno Unito e il Principe consorte Filippo si unirono in matrimonio. Diciamo subito che quella dei Windsor discendenti dal Casato di Sassonia-Coburgo-Gotha è una monarchia giovane e che -dalla sua- gode dell'incondizionato appoggio del miglior collante: il popolo.

Per quanto -salvo naturalmente comprovate eccezioni- possiate incontrare sudditi del regno britannico dal fare anticonformista, dal credo laburista e dall'agire controcorrente, se fate tanto di metterli a parte della vostra opinione, come anni fa un mio amico, in casa loro, la domenica all'ora di pranzo ebbe il coraggio affermando cioè che la Regina non è un'aquila... Il silenzio scende, la nonna piange, i bambini ammutoliti si ritirano in camera loro, il cane si abbassa e va sotto al tavolo e la "lei" (mai il marito), vi guarda con disprezzo, sdegno, disistima di una stima peraltro mai stellare e con pronuncia molto chiusa, vi sommerge di disgusto nel suo freddo: "Do you think so?" al che, mi si creda, non è bene far seguito con un "Yes I do". Giammai.

E' preferibile glissare sulla giornata non esattamente in linea con la stagione e di un tempo che, l'anno scorso di quest'epoca, vedeva il termometro indicare circa un grado in più. Forse. E' allora probabile che nel degustare l'arrosto prima e il pudding dello Yorkshire dopo, non veniate avvelenati. Forse.

God Save the Queen and... You.

lunedì 19 novembre 2007

La Casta

Signori giornalisti: che voi verghiate un papiro o siate a manipolare i bit e i bytes affinché il papiro venga vergato per via elettronica, sappiate che ne abbiamo a ufo del censurabile uso che fate del Quarto Potere: della capacità cioé di influenzare il pensiero di coloro che vi leggono e talvolta vi ascoltano.

Se è vero che non si può esser solo organo di informazione ma sempre si finisce col divenir organo di opinione, è altrettanto vero che la leggerezza, la noncuranza e fin l'eccesso di superomismo, porta la vostra casta a ritenervi tanto al di sopra delle parti da perder di vista il buon senso, l'aggancio alla realtà, la risposta alle cinque fatidiche domande.

Siete superficiali, non incrociate le informazioni di cui siete divenuti in possesso, buttate lì una vostra verità e-chi-se-ne-frega se umiliate, rovinate, mortificate un individuo, una categoria, un pensiero, una dottrina. Conta solo il vostro ego, la firma e quel colpo di fortuna che andate inseguendo per far di voi il nome che conta, il lumicino in un firmamento di lumicini. Mai che perseguiate l'obiettivo di divenir luce, guida per chi, naufrago nel suo tempo, miri a voi come faro nelle tenebre del suo ignorare.

Siete la primaria causa di buona parte di quei delitti che vanno ripetendosi perché facile presa, il vostro puntiglioso e particolareggiato narrare, nelle menti dei più deboli, dei tarati. Muovete senso di impotenza di fronte all'ineffabile domanda idiota che puntuali, un'ora dopo l'assassinio, andate a porre al parente più prossimo della vittima: "Ma lei è disposto a perdonare?"...

Tacete della diatriba politica per renderci noto solo del sibilare dell'uno e dell'altro, rendete conto solo di ciò che risulta esser motivo di vendita ma non prestate orecchio al lamento dei più deboli né date rilievo al valore, solo, per voi, conta il clangore. Aveva ragione Quino quando fece dire a Mafalda: "Se consideri che i giornali scrivono la metà di quel accade e tieni conto che la metà di quel leggi è inventato, ne deduci che i giornali non esistono"

venerdì 16 novembre 2007

Al di là del confine, altri uomini

Che nel DNA dei francesi sia tra il resto insita l'indole rivoluzionaria è un fatto provato dalla storia al pari del DNA degli inglesi i quali non vedono l'ora di mettersi in coda e parlare del tempo. Un paio di giorni fa, tornando ai francesi, ho visto in qualche notiziario il Presidente francese Sarkozy andare incontro ai lavoratori dei trasporti in sciopero.

Le immagini -purtroppo- erano coperte dalla voce del cronistra italiano in studio ma due cose son risultate molto nette anche senza poter udire il dialogo. Presidente e lavoratori si son affrontati a muso duro a meno di 20 cm l'un l'altro (ed è molto poco davvero) abbaiandosi contro ognuno le proprie ragioni e al gesto di stizza del Presidente che si allontana, l'altro lo manda visibilmente a quel paese tanto che il Presidente già a qualche passo alza il braccio per farlo a sua volta.

Quale la morale. Prima di tutto l'esercizio del diritto allo sciopero è cosa seria e non una burla per render -da ultimo- il fine settimana un tantinello più lungo. Appena in secondo luogo ammiro tanto lo scioperante che difende il proprio pensiero a prescindere da chi gli stia di fronte, quanto il Presidente che esprime le sue ragioni senza frasi di comodo e, questo era certo dalle espressioni: niente affatto in politichese.

In ultimo, nel gioco delle parti, ci sta anche il reciproco invito a raggiungere "quel paese" senza che per questo uno dei due e cioè Sarkozy si sia alzato sulle punte belando: "Prendete le generalità di quell'uomo".

giovedì 15 novembre 2007

Testimone triste

A mezzo tra l'irato e l'infelice mastico delusione scoprendomi sorpreso ai cenni di decadimento. Litigo con quella parte di me che si mostra fin scontrosa, assolvendo un fare brusco con l'intenzione di destarvi da un torpore che ha un'altra definizione, che non vorrei ma devo -cronista fedele del mio tempo- definirla: vecchiaia.

Ben rammento in voi il mio identico agire nei confronti dei nonni e se non capivo ma soprattutto non giustificavo quel modo perché ben comprendevo l'impossibilità di donare immortalità a chi vogliamo più bene, non capisco e soprattutto non giustifico me. Tuttavia...

Tuttavia eccomi lì meschino faccendiere d'anima, pronto ad assolvermi mentre villano scuoto il capo perché non sentono, non vedono, fanno lento, muovono piano e io vorrei averli accanto sempre come allora quando bambino invidiavo il loro attento sentire, quel lontano vedere e un muovere veloce cose, situazioni e vita.

Vi saluto con la mano mentre l'uscio si apre e vi incamminate incerti verso la notte. Vi amo.

mercoledì 14 novembre 2007

Dedicato a Mao

Sei comparso nella mia vita, dal nulla, in une tiepida mattina di giugno. Mi sei corso incontro e davvero non capivo perché tanta fretta di correre da me se mai ci eravamo visti né incontrati prima. Lo hai però fatto, hai rotto tu il ghiaccio e naturale è poi stato per parte mia mostrare cordialità fino a dolermi per dover andare in ufficio e non potermi trattenere oltre. Chissà mi chiedevo se ci rivedremo, le vie del caso sono tali e tante, complesse e contorte e persino beffarde talvolta che forse, con dispiacere, mi sa non ci rivedremo.

Mi sbagliai e da lì a un mese, dopo un acquazzone notturno di quelli estivi nei quali il cielo sembra voglia sconquassare tutto, ti vidi il mattino a dire il vero un po' accigliato tant'è che non rispondesti quasi al mio saluto e per quanto cercai di rammentarti chi fossi, tu sembrasti appena offeso per non aver io mantenuto un patto che sinceramente non rammentavo di aver mai sottoscritto.

Una sera di fine settembre poi ti invitai a casa, ti guardai mentre cenasti con appetito e a metà tra il contegnoso, il timido e il guardingo, come l'affittuario fa dell'immobile che andrà a condurre, facesti un breve sopralluogo dell'abitazione -almeno per quanto di essa fosse visitabile- per poi uscire con dignità e quasi alterigia. Rammento quel tuo incedere elegante e fin sdegnoso delle attenzioni e delle scuse che andavo balbettando per non aver potuto darti alloggio.

Quando infine un anno fa di questi giorni diventasti mio ospite non avrei di certo immaginato che nel breve volgere di un anno, io, sarei divenuto a mia volta: tuo ospite, ostaggio e sguattero insieme. Vivo ormai la mia vita di schiavo obbedendo a ordini impartiti con ferma eleganza. Muovo passi attenti in quella che per le autorità è ancora casa mia col timore di arrecarti disturbo, parlo sottovoce, tengo basso l'audio e smorzo le luci.

Oggi leggo che il 17 Novembre verrà celebrata la tua festa: "Il gatto nero day" e quindi auguri Mao bello mio micione nero dolcissimo. Un mondo di coccole e un mondo di anni ancora insieme !!!

martedì 13 novembre 2007

Interrogatori al telefono

Ore 20:30, il telefono squilla e alla domanda su chi potrà mai essere a quest'ora, la signora ottantasettenne ottiene tosto risposta dal commissariato di zona che a sua volta pone con grazia le domande di rito circa il fatto che sia lei la signora tal dei tali via e numero. S-Sì, balbetta la poverina con un filo di voce e il cuore all'impazzata.

Perché vede signor Commissario noi si fa ancora parte di quelli che alla frontiera, ammesso mai di valicarne una in quest'Europa dove un giorno sono aperte e l'altro no a seconda degli accadimenti di turno, noi, si diceva, siam di quelli che assumono ancora la faccia colpevole. Noi signor Commissario, alla parola "polizia", non alziam le mani giusto perché in cuor nostro sappiamo di non avere commesso alcun delitto ma se appena ce lo chiedete eccoci a mani alzate. Si sa mai.

Esaurite le formalità di rito le vien chiesto se conosce il tale figlio di e residente a. No risponde sulle prime la signora ormai terrorizzata e, la perdoni signor Commissario, ha l'ardire di domandare, sìsì, ma pensi, ha letto bene, proprio: "domandare" e aggiungo "perché"... 'Azz un verbo e un avverbio (che in questo caso assume la valenza di sostantivo) dal micidiale effetto se combinati insieme: "Perché scusi?" e giustamente la risposta mette in risalto la differenza tra l'inquisito e l'inquisitore: "Per ragioni di privacy non possiamo dirlo".

E già. Potete però terrorizzare una persona anziana per telefono, che non ha la fantasia di rispondervi che no, per ragioni di tutela della privacy dell'interessato, evidentemente suo amante, no, non può dirvi se lo conosce o meno: e dunque prendete e andate a casa sua per domandarglielo formalmente, d'altronde, signor Commissario, lei converrà che qualsiasi cretino può formulare richieste al telefono.

lunedì 12 novembre 2007

Di quando eravamo poveri

Avete mai visto qualcuno dei "cinegiornali" dell'Istituto Luce che un tempo venivano proiettati nelle sale cinematografiche prima dell'inizio del film? Mai un cenno alla cronaca nera quanto, in sua vece, la diva del momento sulla scaletta di un quadrimotore illuminata dalle lampade a incandescenza dei flash di una volta. Appena prima però, immancabilmente, un riferimento alla politica con un fugace riassunto del chi-ha-detto-cosa ma mai, tuttavia, in chiave tale da turbare i sonni di nessuno. Tutto condito da una voce ammiccante che oggi potrebbe al massimo pubblicizzare il mobilificio di quartiere. Essi potevano certo essere illusori e non già specchio della società ma, di questa, in qualche modo ancorché ammansiti dal regime (quello che fosse), avevano il buon gusto di non fomentare alcuno contro nessuno. Nessuna giaculatoria e nessun insulto al fiele.

A quell'epoca i tifosi, alla domenica sera, solevano andare alla ricevitoria di quartiere che esponeva fuori o alla vetrina, se la ricevitoria era anche bar, i risultati man mano che pervenivano. Il sogno di vincere alla Sisal (così si chiamava prima del totocalcio) era il massimo che si potesse chiedere al destino e alla dea bendata per comprarsi casa e per tirare il fiato in quell'economia familiare stretta al minimo per giungere -con dignità- alla fine del mese.

Chi andava allo stadio, si vestiva con giacca e cravatta, la sciarpa e il cappello. Prendeva il tram o andava a piedi per risparmiare. Allo stadio dove non c'era (come ancora non c'è nei campi inglesi) limitazione tra il campo di calcio e gli spalti, le grida -spesso in dialetto- davano voce a un tifo forte, leale e sincero come da sempre forte, leale e sincero è il senso di appartenenza e la trasposizione della voglia di farcela.

Eravamo poveri e invece eravamo tanto ma tanto ricchi.

venerdì 9 novembre 2007

Sopra tutto

Dopodomani è il momento. Ho voluto aspettare che quasi la prima neve andasse a privarle del pasto prima di portarle a valle. Ho cominciato a raccogliere le cose da portare giù ma sono poche perché i libri li lascio qui. I libri, che infinita compagnia ho avuto dai libri lungo tutta l'estate. I cani facevano molto sin a chiamarmi se una giovenca non ubbidiva ma molto tempo l'avevo per me, per leggere e per studiare. Confesso di aver provato un senso di lieve compatimento quando nei due mesi estivi i villeggianti si spingevano fin quassù facendomi oggetto dei loro sguardi di circostanza quasi pietosi. Una volta ho sentito un padre rivolgersi al figlio con tono appena più forte del dovuto e dirgli "vedi cosa diventi se non vuoi studiare? Una pastore" Non ha aggiunto "brutto e ignorante" perchè li ha ritenuti impliciti nella minaccia.

E' probabile che dopo la laurea e il lavoro promessomi non abbia più modo e tempo di trascorrere l'estate in questa grangia con i miei libri, questo silenzio e Buck e Diana fuori a darmi la sveglia. Sempre però nel cuore porterò questi giorni, gli ultimi, che ho cercato di imprimere bene bene nella memoria perché mai abbia a dimenticare questa valle, questi odori e questa calma. Il resto è noia.

giovedì 8 novembre 2007

Bien Joué

Gentile Signora Brichetto Arnaboldi, tralasciando che in Italia non sia buon costume farsi chiamare col cognome del marito specie se questo è un tantinello più noto del proprio e volendo ignorare che il vestirsi di viola per andare a render omaggio a illustre scomparso specie nella veste di sindaco non sia punto la massima espressione del buon gusto, non possiamo tuttavia esimerci dall'osservare come all'uscita dalla camera ardente allestita per commemorare Enzo Biagi, ella abbia così chiosato:

""La mia presenza è in segno di affetto della città di Milano per un vero milanese, una persona che amava la nostra città e che ha saputo interpretare lo spirito più profondo della nostra città in una professione che è un simbolo per la nostra città"" (fonte TGcom e mie orecchie).

Orbene Signora Brichetto Arnaboldi, atteso che ripetere nello stesso periodo tre volte "città" non deponga a favore della preparazione ricevuta presso il Collegio delle Fanciulle (fonte Wikipedia) ma meglio si attagli alla pur veloce esperienza di attrice senza veli (fonte Il Giornale n. 227/2007), ciò che proprio Enzo Biagi non le passerebbe è quello di esser definito "vero milanese" e ciò non certo per disistima verso la città che l'ha eletta sindaco (bel coraggio) quanto perché il giornalista non ha mai nascosto, sino a farne un vezzo, l'amore per il suo borgo natio: Pianaccio. Un vero Emiliano Signora Brichetto Arnaboldi, mi creda.

mercoledì 7 novembre 2007

Sonni senza sogni

Sdraiato lì dove tutti passano. Mi ha colpito vedere le scarpe fuori dalla coperta a mio avviso leggera che si era tirato su su sino a coprire interamente la testa ma le scarpe erano fuori. Erano fuori perché forse al gesto di togliersi le scarpe era annesso il ricordo di un fare ovvio se in un letto vero ci si infila. Erano anche fuori perché si fidava o perché ingenuo. Mi son fermato un momento a guardare gli altri passanti e sempre, in questa occasione come in altre, scorgo quella finta indifferenza più volta a mascherare imbarazzo che non aperta indifferenza. La scelta di dormire in una stazione anziché cercare una diversa sistemazione può anche indicare il desiderio di affrancarsi dal vortice dell'accattonaggio giacché "la comodità" di un giaciglio e un pasto caldo porta con sé il pericolo dell'abitudine.

A me però sempre vengono in mente riflessioni e domande: sarà stato piccolo anche lui, avrà ricevuto una carezza, un giocattolo? Avrà amato, sarà stato ricambiato? Se morisse oggi cosa resterà di lui, qualcuno lo piangerà?

L'altoparlante annuncia il mio treno, mi trovo a salire le scale con gli occhi lucidi. E' certamente il freddo.

martedì 6 novembre 2007

Nel paradiso delle parole

So di rendermi antipatico ma accanto alla grandezza di Enzo Biagi che è indubbiamente tale anche e soprattutto per quella professionalità che mi riesce davvero difficile oggi riconoscere nei giornalisti contemporanei, v'è quella supponenza che sino a una decina di anni fa me lo rendeva particolarmente inviso.

Forse imputabile alla noia di risposte un pochino scontate ma di certo nei miei ricordi di allora c'è quella sensazione di malessere che provavo nel veder trattare i suoi interlocutori come pezze da piedi. Non era l'intervistare rude ma franco di Montanelli né il pignolare di Soldati né l'insieme. Era un modo proprio di far intervista che se lo distingueva, lo faceva sino a oscurare la pur incomparabile bravura e sagacia.

Nulla però di tutto quanto precede è in rapporto alla sua cacciata da parte del vero padrone della RAI Vespa in uno all'allora portinaio Cattaneo. A parziale esimente va tuttavia riconosciuto che il loro fare non rispondeva ad altri se non a quella mezza sega del loro padre spirituale e intellettuale.

lunedì 5 novembre 2007

Che orrore

A meno che rappresenti un messaggio in codice, ciò che trovo lasci esterrefatti è leggere che all'Università per stranieri a Perugia qualcuno ha apposto l'avviso per l'affitto della stanza dove la studentessa inglese Meredith Kercher è stata barbaramente assassinata qualche giorno fa. Sia chiaro: è l'omicidio ciò che fa inorridire, è la violenza perpetratale che ci disgusta ma leggere di quella macabra burla, raccapriccia e scandalizza nel contempo.

Ripeto, a meno che si tratti di indicazione in codice a favore degli inquirenti, ciò rappresenta tutto il vuoto cosmico, la mancanza di qualsiasi etica e l'aberrazione di ogni credo cui purtroppo una parte di noi sembra volgere mentre, dall'altra e come già altrimenti detto, va sempre più assottigliandosi il numero di coloro che si indignano.