martedì 6 novembre 2007

Nel paradiso delle parole

So di rendermi antipatico ma accanto alla grandezza di Enzo Biagi che è indubbiamente tale anche e soprattutto per quella professionalità che mi riesce davvero difficile oggi riconoscere nei giornalisti contemporanei, v'è quella supponenza che sino a una decina di anni fa me lo rendeva particolarmente inviso.

Forse imputabile alla noia di risposte un pochino scontate ma di certo nei miei ricordi di allora c'è quella sensazione di malessere che provavo nel veder trattare i suoi interlocutori come pezze da piedi. Non era l'intervistare rude ma franco di Montanelli né il pignolare di Soldati né l'insieme. Era un modo proprio di far intervista che se lo distingueva, lo faceva sino a oscurare la pur incomparabile bravura e sagacia.

Nulla però di tutto quanto precede è in rapporto alla sua cacciata da parte del vero padrone della RAI Vespa in uno all'allora portinaio Cattaneo. A parziale esimente va tuttavia riconosciuto che il loro fare non rispondeva ad altri se non a quella mezza sega del loro padre spirituale e intellettuale.

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