venerdì 7 novembre 2008

Il primo della lista

Non mi era sfuggito che nel brevissimo viaggio effettuato durante la campagna elettorale dall'allora candidato Barack Obama in Medio Oriente, al ritorno, nel far tappa in Europa, si recò a Berlino dove incontrò la cancelliere: Signora Merkel, a Parigi dove felice l'attendeva il Presidente Sarkozy e, infine, a Londra a colloquio col Primo Ministro Gordon Brown. Non venne in Italia ma, si obietterà, nemmeno andò in Spagna. Vero. Vera però è altresì l'abitudine del nostro Paese di misurarsi con la Spagna con l'intima consapevolezza di uscirne al meglio. A parte il fatto che oggi, complice una politica più seria da parte di quel Paese che in soli 30 anni (meglio ripetere: diconsi trent'anni) dalla fine cioè del Franchismo nel 1975 se forse non ha superato l'Italia qual reddito pro-capite, certamente l'ha surclassata se si guarda ai modelli politici, ai rapporti con la Chiesa, alla vita civile di un Paese da doversi obiettivamente definire serio.

A parte ciò, dicevo, se proprio ci piace piccarci della nostra superiorità abbiamo cominciato col vederci dimenticare della visita di un candidato alla Presidenza Statunitense. Poiché tuttavia quel candidato è oggi Presidente degli Stati Uniti e considerato ch'egli stamane (fonte Adnkronos ore: 8:20) ha parlato al telefono con il: ""primo ministro australiano Kevin Rudd, il britannico Gordon Brown, il canadese Stephen Harper, l'israeliano Ehud Olmert, il giapponese Taro Aso, con la cancelliera tedesca Angela Merkel e con i presidenti Nicolas Sarkozy (Francia), Felipe Calderon (Messico) e Lee Myung-bak (Corea del Sud)"" direi, senza tema di smentita che il nostro Primo Ministro ha perfettamente ragione quando auspica che Dio voglia liberarci dagli imbecilli. Noi, frattanto, preghiamo Dio ch'ella sia il primo della lista.

mercoledì 5 novembre 2008

La democrazia che vorrei

Ho fatto un sogno in cui vedevo file di persone disposte per uno davanti a seggi elettorali. Gente che faceva la coda non con scazzo ma con gioia. Ho fatto un sogno dove vedevo i seggi elettorali nelle lavanderie come in chiesa, con i bimbi accanto ai loro genitori mentre questi votavano e tutti sorridevano pur compresi nel ruolo perché tutti, ognuno a suo modo, partecipavano attivamente e fattivamente alla vita del proprio Paese senza noia, senza costrizione alcuna ma per il piacere e l'orgoglio di sentirsi parte di quel Paese. Ho fatto un sogno che sembra un sogno e che è quello di vedere una donna o un uomo credere talmente in quel che fa che parte da un paesino sperduto, si mette in lotta contro tutti e sempre e forse anche più di quanto necessiterebbe ad altri, ma alla fine ce la fa e il suo, di sogno, è talmente forte, talmente alto e bello che la gente lo segue come si converrebbe verso un Dio senza aura ma con in cuore la voglia di fare. Sognavo di sentire mille predicatori per sceglierne uno e andare a pregare in una chiesa certamente senza ori e stucchi e dipinti, con le insegne al neon e le piastrelle bianche ma lì, all'ombra quasi del ridicolo avvertivo più fede di quanta speranza qui. Quando mi son svegliato, per un attimo, ho pensato non fosse un sogno poi ho sorriso della mia ingenuità. Resta la voglia, tanta, della democrazia che vorrei.