martedì 19 maggio 2015

Favola dei Diritti Acquisiti? No, protèrvia.

L'editoriale di ieri 18 Maggio a cura di Alessandro Penati -Economista e professore di scienze bancarie alla Cattolica di Milano- sulle pagine di Repubblica ha dello sconvolgente. Egli, scaltro, esordisce in prima pagina con:
"Da più di vent'anni gli interessi dei giovani, di chi lavora, degli imprenditori, sono sacrificati sull'altare dei Diritti Acquisiti."
Formuletta che, pronta, fa scattare a prescindere dal seguito: indignazione, stupore, i macome, gli eccoperché e via discorrendo.

Nel Prosieguo, secondo il Noto Economista, la ragione che porta cotanto stupore, scaturisce dalla sentenza della Corte Costituzionale circa la mancata indicizzazione delle pensioni il cui importo lordo venga a superare di tre volte l'importo lordo minimo. A suo avviso infatti se quella sentenza è mirata a riconoscere un Diritto "Acquisito" -è importante insistere, a quanto si legge, su *Acquisito*- che pare violato verso una precisa categoria di cittadini, allora, per estensione, li viola altresì tutte le volte in cui vengono aumentate le tasse sulla casa "acquistata con i risparmi di una vita" (lacrima), o perché aumenta i contributi verso i lavoratori autonomi (poveri) o perché ancora (machiavellico) ove dovesse aumentare l'inflazione coloro che hanno investito in BTP vedono ridursi il "potere d'acquisto del risparmio". Incredibile. 

Peccato che l'Illustre Economista scordi non solo che tra coloro potrebbero comunque esserci, lavoratori autonomi a parte (poveri), anche alcuni pensionati ma, e soprattutto, i suoi esempi sono destituiti d'ogni valore poiché i casi cui va riferendosi hanno attinenza col prelievo fiscale o con un aumento dell'inflazione, eventi erga omnes. Altra cosa, visto che gli è caro l'esempio della casa "acquistata con i risparmi di una vita" (lacrima) sarebbe anzi è come se dopo un certo periodo dall'acquisto, lo Stato dicesse all'acquirente: "Sai che c'è? Mi prendo una stanza" perché questo è quel che accadrebbe se allo Stato venisse concesso di togliere quanto spetta a un tizio (ricco o povero) che ha pattuito attraverso la normativa vigente *quel* trattamento pensionistico.

Il Sommo Economista dimentica che lo Stato deve garantire quanto pattuito non perché Diritto Acquisito com'egli si perita di sottolineare una riga sì e l'altra pure come se tale "Acquisizione" avesse del divino e dunque giusto perché concesso da Dio, debba essere intoccabile ma perché al momento di pattuirlo lo Stato, due conti, dev'esserseli pur fatti, diversamente avrebbe potuto dire "No, non posso lasciarti andare in pensione perché potrebbero venire a mancarmi i soldi che ti devo" e in tal guisa modificare i criteri di accesso alla pensione.

Il Sublime Economista ha ragione nel minacciare l'insolvibilità dello Stato che fallisce ma questo ahinoi varrebbe per tutti e anche per il welfare. D'altronde qual è quella azienda che concordato uno stipendio con un lavoratore viene a dirgli a posteriori, ferme restando le commesse, gli introiti, grosso modo il numero dei dipendenti, le uscite, le perdite: "eh mi dispiace ma ti riduco lo stipendio perché ripensandoci ti do troppo".

Già perché il Magnifico Economista scorda che sulle pensioni come sui redditi di tutti gravano imposte che nel corso degli anni sono aumentate in modo vergognoso. Mi riferisco, in particolare, alle Addizionali Regionali e Comunali IRPEF e dunque stipendi e pensioni vengono ridotti di conseguenza ma mentre i primi in qualche misura fruiscono se non dell'indicizzazione almeno degli scatti di anzianità, le seconde -chissà perché eh prof. Penati- no, né secondo lui gli aventi diritto dovrebbero permettersi di chiederlo.

Nei prossimi giorni provvederò alla disamina giuridica ma prima sarà mia cura scrivere alla Consulta suggerendo loro -facendo mie le istanze del sig. Penati- di visitare il sito della Corte Suprema statunitense già perché sempre secondo penati loro sì che sanno scrivere le sentenze. Sì loro, quelli che quando nel Diritto Romano si discettava tra ius civile e ius gentium, erano usi battersi il petto conquistando le loro belle a colpi di clava.

2 commenti:

Claudio ha detto...

L'evasione fiscale ammonta a 255 miliardi. Sarebbe bastato recuperare il 7% per garantire il rimborso integrale di quanto sottratto.

Ah già, ma quelli degli evasori fiscali sono i veri diritti acquisiti intoccabili.

io ha detto...

No, Mr. Captcha, io non sono un robot!